Il Battistero della Cattedrale è intitolato a San Giovanni Battista. Si costruisce nel XII secolo sopra preesistenze. All’esterno presenta più tardi archetti romanici e lesene. Ha una pianta quadrata sormontata da un tamburo di forma circolare con copertura emisferica. Verso la piazza, dove sta l’ingresso (a est), si nota la sporgenza della parte absidale, con analogo tetto a cupola.
Nella seconda metà del Trecento è scelto come cappella funeraria dal principe Francesco il Vecchio da Carrara e dalla moglie Fina Buzzacarini. A tale scopo Giusto de’ Menabuoi, pittore di corte dei Carraresi, lo affresca interamente negli anni 1375-78. L’artista fiorentino era arrivato a Padova nel 1370 e vi era rimasto fino alla morte, avvenuta nel 1391. Qui aveva sostituito lo scomparso Guariento di Arpo come pittore alla corte dei principi. Altri suoi affreschi sono visibili nella Chiesa degli Eremitani e nella Cappella Belludi al Santo.
Gli affreschi del Battistero in Padova Urbs Picta
Lo splendido ciclo, considerato il capolavoro di Giusto de’ Menabuoi, fa parte dei siti della candidatura Unesco Padova Urbs Picta. Una specificità padovana di rinnovamento della pittura che parte dall’esempio giottesco e che è visibile ancora oggi in diversi luoghi della città. Ne fanno parte i cicli decorativi della Cappella degli Scrovegni, della Chiesa degli Eremitani, della Basilica del Santo, dell’Oratorio di San Giorgio, dell’Oratorio di San Michele, della Cappella della Reggia Carrarese, del Palazzo della Ragione.
L’interno del Battistero della Cattedrale
Il Battistero aveva in origine quattro ingressi. Il principale era in antico sulla parete ovest, quella opposta all’entrata attuale che avviene dalla piazza. Sulla medesima parete ovest si trovava il sarcofago di Francesco il Vecchio. Quello di Fina Buzzacarini era al centro, dove ora è presente il fonte battesimale. I monumenti funerari vennero distrutti in seguito alla conquista veneziana della città (1405) e di loro oggi si conserva ben poco. Alcuni grifi sono presso i Musei Civici. Anche il polittico, a tempera su tavola, spetta a Giusto de’ Menabuoi.
Cinquant’anni fa venne rubato e, ritrovatolo, lo si ricoverò per qualche tempo nel vicino Museo Diocesano prima di ricollocarlo. Lo splendido ciclo di affreschi, che copre tutti gli spazi interni, è stato restaurato di recente.
Gli affreschi
Nella cupola è rappresentato il Paradiso.
Domina il Cristo Pantocratore circondato dalle Gerarchie angeliche, dagli Apostoli e dai Santi; al loro centro la Vergine. Nel tamburo si vede la Creazione in episodi tratti dalla Genesi; nei pennacchi gli Apostoli accompagnati da due Profeti ciascuno. Alle pareti le storie di San Giovanni Battista (parete a sud, a sinistra dell’ingresso) e di Maria (a ovest). La vita di Cristo secondo i Vangeli occupa invece quelle a est e a nord.
Nella cupola dell’abside è rappresentata la Pentecoste con gli Apostoli, la Madonna e Cristo benedicente che tiene le scritture. Alle pareti dell’abside numerose piccole scene dell’Apocalisse. In Giusto de’Menabuoi l’esempio di Giotto è evidente nella ambientazione delle scene, nella prospettiva intuitiva e nelle tinte tenue, luminose e chiare. Persegue tuttavia uno stile proprio, arcaizzante, lontano dal realismo contemporaneo di Altichiero e Jacopo Avanzi.
L’Annunciazione del Battistero della Cattedrale
Il noto storico dell’arte Roberto Longhi (1890-1970) rimase colpito dal magnifico ciclo affrescato nel Battistero padovano. In particolare lo attrasse l’Annunciazione, dove l’Arcangelo Gabriele reggente il giglio saluta Maria in piedi vestita d’azzurro. Qui l’insegnamento giottesco, con l’architettura prospettica del fondo, è evidente.
Così scriveva Roberto Longhi: “si domanda quale altra Annunciazione in tutto il Trecento italiano possa reggere al confronto di questa. Giusto vi ha modulato i gesti eletti delle due figure, idoli chiari, avvolti nella ornatezza di un ambulacro di certosa, solitario e segregato, ancor più che non saranno, alquanto dopo, gl’indimenticabili interni esterni delle Annunciazioni dell’Angelico”.